Il progetto associativo, la proposta del MAC e la visione dell’uomo, da cui esso trae origine, può essere declinato, si dispiega in alcune parole chiavi: reciprocità e differenze, libertà e responsabilità, condivisione e inclusione, persone e comunità, promozione e formazione.

Reciprocità e differenze definiscono la realtà, tutta la realtà. Il mondo, l’uomo sono un’armonia delle differenze. Ogni cosa è colta, è compresa nella sua differenza e in relazione con l’altro in un contesto di reciprocità. L’orizzonte è simbolicamente l’immagine di questa dimensione della realtà: nell’orizzonte terra e cielo, limite ed infinito si incontrano. Lo sguardo raggiunge l’orizzonte passando attraverso un ricamo, una trama di realtà, di immagini che si inseguono in una meravigliosa armonia che canta la reciprocità: monti e valli, fiumi e boschi, sentieri interrotti e prati, scale e strade che congiungono punti differenti fino all’incontro di cielo e terra. La reciprocità è armonia delle differenze. Reciprocità, come accade oggi per tutte le parole, viene usata e spiegata nel linguaggio da significati diversi e spesso equivoci o, anche più spesso, strumentali. La reciprocità è la condizione d’essere di ogni cosa, di ogni uomo, è l’essere l’un l’altro, l’uomo di fronte, con e per l’altro. Nulla è fuori da una relazione, fuori dal contesto. L’essere l’un l’altro, essere in un contesto esige porre la differenza; in assenza di differenze non vi potrebbe essere reciprocità, non vi potrebbero essere relazioni.

I Vescovi italiani, nel presentare il tema per la giornata dedicata alla custodia del creato, “La famiglia come custodia del creato”, hanno efficacemente definito il senso vero della reciprocità. È nella famiglia che si scopre la diversità, infatti ogni fratello, ogni membro è una persona diversa. Già nella differenza sessuale della coppia sponsale che genera la famiglia c’è lo spazio per costruire la comunione nella reciprocità. La purificazione delle competizioni tra il maschile e il femminile fonda la vera ecologia umana. La reciprocità non è, pertanto, uno scambio, un do ut des, ma l’essere in relazione significativa l’uno per l’altro e non in relazione competitiva dell’uno con l’altro.

Per quali ragioni la civiltà occidentale del nostro tempo propone il dogma della “in-differenza”, dell’indipendenza, dell’annullamento di ogni differenza? Differenza e reciprocità hanno una dimensione particolare ed una universale, un qui e ora ed, insieme, un “oltre”; hanno, per così dire, una dimensione orizzontale e una verticale, una che si dispiega nella successione delle cose e degli uomini, nel qui e nell’ora, e una che va oltre il concreto per interrogarsi sul tutto, sulla globalità, sull’universalità. Tutta la realtà è un insieme di nessi, di differenze e di reciprocità assolutamente e totalmente necessario, meccanicamente e deterministicamente determinato? Sulla positiva risposta a questo interrogativo si fonda la negazione di ogni differenza, la negazione dell’esistenza di Dio, la morte di Dio, la morte dell’uomo. Il mondo della filosofia antica, come quella moderna, è assolutamente “in-differente”: se un Dio c’è, questi è immanente nel mondo; il mondo della Bibbia è totalmente “differente”: se un Dio c’è, questi è trascendente e crea il mondo e si fa compagno dell’uomo nel mondo e nella storia; è realtà differente, differenza nella radicale differenza e, insieme, più alta reciprocità quale è quella tra Dio creatore e il mondo creato, tra Dio e l’uomo; è differenza tra i differenti quali sono l’uomo e il mondo. Nella visione del mondo dei filosofi, che non riconosce le differenze e, perciò, nega la reciprocità, tutte le realtà, compreso l’uomo, sono in un legame di competizione, sono in un rapporto necessario di sviluppo individualistico. Solo in una visione della realtà che riconosce differenza e reciprocità possono trovare spazio libertà e responsabilità con significati che riconoscono il reale potere dell’uomo nel creato, la sua vera dignità come possibilità di esercitare un’arte spirituale di governo della realtà.

Reciprocità e differenza per l’uomo sono condizioni necessarie per il riconoscimento dell’alterità che, in una visione storica e dinamica, pongono libertà e responsabilità. Solo l’uomo come realtà differente dal cosmo e non parte di esso, non parte di un eterno ciclico movimento può esercitare la libertà e solo un uomo libero, che ha la possibilità di dire sì potendo al contempo dire no, esercita la responsabilità. Libertà e responsabilità sono i nomi diversi di differenza e reciprocità per la realtà umana che vive in modo consapevole la relazione con l’altro nel tempo e con Dio, nella dimensione della reciprocità e in condizione di differenza. La reciprocità con l’altro è condizione possibile ma non necessaria nella logica della libertà e della responsabilità. L’uomo è dipendente, è aperto all’altro in modo reciproco, ma liberamente e responsabilmente decide di costruire relazioni di reciprocità o di frattura, di comunione con l’altro o contro l’altro. L’uomo può costruire spazi di condivisione e inclusione o spazi privati, steccati, può erigere muri.

Condivisione e inclusione sono scelte libere dell’uomo.

La disabilità è esperienza di interruzione, di frattura come tante diverse condizioni della vita. Un bimbo o un vecchio solleveranno pesi diversi e non gli stessi pesi di un giovane; una persona con ridotta mobilità non scalerà le pareti rocciose come un alpinista. Tutto ciò dà ragione della differenza e della reciprocità, ma responsabilità e libertà sono condizioni non universali per tutti? Condivisione e inclusione sono realtà possibili? La via della libertà è via del deserto, è esperienza di limite, di ascolto, di dialogo, di diversità. L’esperienza di frattura ed interruzione di ogni uomo con se stesso e con gli altri, tra l’uomo e il mondo è singola e differente; è sempre possibile che sia ricostruita nei modi possibili e differenti. Una dimensione dell’essere, in qualsiasi situazione anche gravissima di interruzione e di frattura, non può essere negata: il contatto, il vincolo con l’altro. Ricostruire una frattura, un’interruzione significa riconoscere questa possibilità per ogni uomo; il contatto dell’uomo con l’altro è sempre possibile, è realtà sempre attuale benché espressa in modalità differenti. Di fronte ad un ruscello, ad un fiume, uno stretto, l’oceano, l’uomo costruisce ponti o navi per entrare in contatto con l’altra sponda; di fronte ad un dislivello, a piani diversi costruisce scale, strade o progetta ascensori o si organizza con corda e piccone. Tutto ciò perché l’uomo coglie e tiene un contatto con l’altra sponda, con la vetta, con il piano superiore e sviluppa le strade e le vie per un contatto diverso.

L’uomo ferito, la persona disabile, il vecchio, il debole è escluso dal raggiungere l’altra sponda, la vetta, il piano superiore? Chi fa esperienza del non vedere e ha avuto il dono di sperimentare anche il vedere ha vissuto l’interruzione, l’evoluzione di un contatto; ha potuto sperimentare che il non vedere non è l’esclusione, l’interruzione di un contatto; si vive una relazione, un contatto con l’altro, con gli altri e con le cose in modo diverso, in condizioni differenti.

Realizzare la condivisione, costruire cioè ambienti e luoghi per tutti, pensare che i beni comuni devono essere accessibili a tutti significa costruire una opportunità di contatto, per sviluppare un contatto per tutti, per ogni uomo; significa creare le condizioni perché il contatto non sia spezzato, negato, impedito. Una città solidale, una comunità accogliente, la comunità degli uomini deve essere inclusiva. Promuovere l’inclusione è rendere visibili, negli spazi comuni, gli assenti, fare piovere manna nel deserto. Persone e comunità vivono il sentimento dell’essere in contatto, dell’avere in comune spazi, luoghi, tempi e destino.

La relazione tra gli uomini è condivisione di vita, di storia, di storie, non è uno stare uno con l’altro, un ritrovarsi l’uno accanto all’altro, ma un camminare insieme con l’altro, un interagire di senso in ragione della libertà. Camminare insieme non è atto necessario; la comunità si costruisce. Persone e comunità sono i protagonisti della vita e della storia; tutti concorrono in modo diverso al suo sviluppo, come diceva Ugo Ranher, anche con l’assenza: essere assenti o presenti è sempre significativo, determina lo spazio, l’ambiente comune. Ciò esige una concezione dell’uomo come persona, cioè come realtà significativa; l’uomo non è un elemento materiale della realtà cosmica, ma frammento spirituale, realtà dinamica capace di libertà e responsabilità nella sua singolarità e, perciò, è persona. Questa sua dimensione di persona fa sì che l’uomo non può essere colto come in un recinto, come un granello di realtà “in-differente” non solo rispetto al mondo ma anche rispetto all’uomo stesso. L’uomo, in quanto singolo ma in quanto persona e, contemporaneamente, comunità, è in relazione di reciprocità con l’altro.

La partecipazione al comune cammino della storia esige maturazione e consapevolezza di sé, esige promozione e formazione delle persone e delle comunità, concepite come capaci di libertà e di responsabilità, di condivisione e di inclusione. La promozione di persone e di comunità presuppone la possibilità di uno sviluppo libero che merita di essere orientato, indirizzato verso una forma che assume nel tempo tratti singoli e differenti. Promuovere significa creare le condizioni perché ciascuno, singolo o comunità, possa liberamente crescere e svilupparsi; formare significa proporre a ciascuno dei modelli e delle vie che si aprono ai valori e alle azioni che si ritengono, nella libertà e nella responsabilità, coerenti alla propria visione del mondo e della vita, modelli per realizzare tale visione e formarsi significa scegliere di “abitare” tali modelli. In una visione dell’uomo e del mondo che si declina come reciprocità e differenza, come libertà e responsabilità, come condivisione e inclusione, come persone e comunità non è possibile affidare al caso o alla necessità lo sviluppo dell’uomo che, al contrario, esige di essere indirizzato attraverso percorsi formativi ed iniziative di promozione. In ciò trova fondamento ogni organizzazione sociale, da quelle di livello più semplice e primario come la famiglia, le associazioni e i gruppi, a quelle più articolate e complesse come le comunità locali, gli stati e le intere comunità degli uomini.

La promozione è l’unica opzione possibile per la costruzione di una missione che realizzi e faccia vivere un progetto sociale, un progetto di comunità, un progetto associativo coerente con i contenuti di tale visione antropologica e sociale, e la condivisione rimane l’unico orizzonte possibile in cui si realizza.

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